Descrizione
Diciamoci la verità, ce lo ricordavamo tutti in canottiera bianca, baffetto nero lisciato e andatura ciondolante nel video di Ho picchiato la testa , divertentissima hit dei furono Ottavo Padiglione, lontano 1993.
Poi da lì quasi l’oblio, perlomeno mediatico.
Il suo piccolo stuolo di fedelissimi il gruppo livornese certo non l’ha mai perso, come Bobo il talento di saper scrivere canzoncine dal retrogusto al veleno che ti entrano in circolo all’istante. Però succede che l’esperienza Ottavo Padiglione finisce (“eravamo come gli arlecchino, non si capiva bene che stile avessimo”), un po’ di tempo per riformularsi in testa le coordinate ed ecco che poi Bobo raccoglie le sue cose e riparte, per il viaggio che lo porta al disco d’esordio solista. “Il figlio del nulla”, come dire: senza patria o famiglia, dopo che quella naturale la si è abbandonata (il tema del rapporto coi genitori è ricorrente nella poetica di Bobo).
Un randagio, con una splendida attrazione per il ‘dolce far niente’ e relativo perdersi in voli pindarici, ovvero sognare e sognare e sognare, perché in una realtà mediocre fatta di case popolari con le pareti di cartone dove senti il vicino quando va a pisciare e poi quando lo incontri per strada quello nemmeno ti saluta, forse sognare è l’unica cosa che ci rimane (perdonate ma mi viene in mente “Dancer in the dark” di Von Trier, con Bjork che trasfigura la realtà in musical…). E quindi. 13 canzoni, di cui 5 inedite e ben 8 riprese dai 3 dischi pubblicati con gli Ottavo Padiglione, come a rivendicarne la paternità, o forse per farsi coraggio e avere una compagnia fidata per questo principio di viaggio.
E allora via, con la splendida Corri treno : ”corri treno corri forte non fermarti portami lontano, le valige dei ricordi le ho buttate giù dal finestrino… vaivaivai vai via”. E’ il momento di salire sul convoglio, non abbiate timore, i soldi per il biglietto sono ben spesi per queste canzoni naif vagamente surreali, schiette ma non crude, semplici ma non banali. Dolcissime, quello sì.
Dal piglio cantautoriale atipico, seguendo oltremodo la tradizione maudit livornese (quella linea oscura che passa da Ciampi e Capossella fino ai pennelli e alle algide/erotiche bellezze di Modigliani) che vede la vita soltanto come una “splendida meravigliosa buffonata”. Bobo stesso ci indica la chiave di lettura: “ho sempre visto le mie canzoni più come un’espressione di ironia disperata che non di demenzialità”, sentitevi come finisce Domani mi sparo (una sega) e capirete tutto da voi…
Nient’altro da aggiungere per non rovinare il delicato equilibrio su cui l’intero cd si regge, solo…sdraiati sulle nuvole , un bicchiere di vinorosso in mano, tra compagni di sbronze più o meno redenti, riguardare ai giorni andati. E saperne sorridere. Davanti una nuova vita.
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