Come si mantiene in vita una manifestazione come “Metarock” per 37 anni? Ma soprattutto con che spirito avevi iniziato questa avventura e cosa ti aspettavi?
Mi piace il termine “si mantiene in vita”perchè da proprio l’idea della precarietà che accompagna sempre anche un Festival longevo come Metarock(37anni), che comunque non riesce ad avere un autonomia economica e quindi sopravvive anche con le sovvenzioni degli Enti Pubblici che ancora oggi nell’affrontare le problematiche legate alla musica popolare hanno chiavi di lettura inadeguate e che raramente riescono ad andare oltre l’evento spettacolare.Nel mio caso in genere i finanziamenti non sono a regime ma arrivano con gli aggiustamenti di bilancio.Da qui quel senso di provvisorio che si può superare solo con una grandissima passione che mettiamo in campo io e tutti i miei collaboratori che non finirò mai di ringraziare per l’abnegazione con cui affrontano la manifestazione.
La stessa passione che mi ha spinto all’inizio incuriosito dalla molteplicità stilistica con cui in quegli anni, parliamo del 1985,le band italiane cominciavano a cimentarsi con Reggae,Psichedelia,Punk oppure New Wave; mi sembrava rivoluzionario e vera colonna sonora di un mondo diventato Villaggio Globale che si esprimeva con un Metalinguaggio musicale universale, da qui il nome Metarock.
Sin dalla seconda edizione del 1987 “Metarock”, ospita anche artisti stranieri. Noti differenze tra i big italiani e quelli esteri? Sia come richieste pratiche che tecniche?
All’inzio sì con l’artista italiano c’era un rapporto anche personale e sulle richieste tecniche erano sicuramente più easy, con il passare del tempo è una differenza che si è colmata ed è venuta meno anche quella complicità iniziale come se un rapporto più stretto a livello umano potesse andare a discapito di una maggiore professionalità.
Personalmente vedo che gli artisti italiani di successo fanno poco per gli emergenti. Raramente si innamorano di qualche band giovane e l’aiutano. Si nascondono sempre dietro la facciata dei costi o degli intrecci delle case discografiche. Ma credo che se Ligabue, per esempio, dicesse “Voglio in tour con me quelli”, in pochi potrebbero obiettare.
Questo è un argomento spinoso e non semplice da affrontare perchè da parte mia c’è la comprensione che ogni artista rappresenta un sua visione del mondo, sostenuto da un ego che per forza di cose è autoreferenziale e poco incline ad aprirsi a visioni alternative,molte volte mi è capitato di fare progetti artistici pensando ad un terreno comune tra 2 artisti che poi nella pratica esisteva solo nel mio immaginario, nelle nuove generazioni e specie nel mondo Hip-Hop mi sembra invece che stia diventando abbastanza comune le collaborazioni ed il tentativo di lanciare nuovi talenti.
Sinceramente, senza tanti giri di parole, cosa pensi dei talent show?Essendo spettacoli prettamente televisivi mi cogli impreparato perchè non guardo quasi mai la televisione e non ho interesse per quello che non mi arriva da un percorso LIVE ho recentemente rifiutato la proposta di un vincitore di un reality di fargli da management, proprio perchè è un mondo che non mi appartiene e non saprei nemmeno come approcciare.
In cinque lustri hai visto tantissimi gruppi italiani passare sul palco del “Metarock”. Ti è capitato di vederne qualcuno e dire “Questi sfondano” e poi è successo. E il contrario? Qualcuno su cui avresti puntato ed invece è scomparso?Non specificamente nel Festival ma ho organizzato le prime date di Ligabue in Toscana e il suo carisma sul palco era enorme già degli esordi così come i Litfiba con Pelù oppure i CCCP di Giovanni Lindo Ferretti ho avuto la percezione di artisti che sarebbero durati nel tempo, ho puntato pesantemente su Bobo Rondelli con gli Ottavo Padiglione prima e poi da solista, ma il riscontro di pubblico e mediatico, anche se per fortuna non è scomparso ,è stato sicuramente inferiore alle aspettative il tutto anche documentato da un bel film di Virzì.
Per la musica è in atto un passaggio epocale, che però nessuno sa dove ci porterà. La discografia langue, la musica dal vivo punta solo su nomi sicuri da arene e teatri, le cover e tribute band impazzano. Ma perché dei ragazzi con una rock band dovrebbero avere ancora dei sogni? E che consigli ti sentiresti di dare ad una band emergente?
DI AVERE SOGNI e di lottare per la loro realizzazione è l’unica maniera per distinguersi da chi vorrebbe pianificare una carriera artistica a tavolino oppure diventare famosi senza avere nulla da dire e da dare ,nel mondo della comunicazione questo è possibile(basta vedere un personaggio come Corona)ma l’antitodo verso queste aberrazioni è il vecchio e sano Live che le istituzioni trascurano e mai come in questa fase avrebbe bisogno di supporto.